In questi giorni (e per tutto ottobre) è possibile vedere o rivedere sulla tv satellitare l’intera saga di uno dei maggiori miti del nostro tempo.
1981: Raiders of the Lost Ark di Steven Spielberg
Uno dei più grandi successi commerciali della cinematografia hollywoodiana, entusiasmo da parte del pubblico di ogni dove.
“Il ritorno della grande avventura, recita la locandina del film. E in effetti, I predatori dell’arca perduta ha rivitalizzato un genere che sembrava ormai morto e sepolto” (Alberto Cassani). E Luca Vespier aggiunge: “ancora oggi è da considerare il miglior esempio di film d’avventura”.
Come nota giustamente “La Stampa”, questo lavoro è la prova che “film giocattolo non vuol dire film volgare o film spazzatura”. Esotismo, misticismo, comics, thriller, horror, avventura… miscelati talmente bene da creare un prodotto originale e innovativo, brillante e imprevedibile, non di rado ingegnoso… e il tutto al servizio di un puro e genuino godimento dalla fantasia sbrigliata quanto mai. Una giostra pirotecnica che colpisce la nostra immaginazione coinvolgendoci e divertendoci come raramente accade, risvegliando il fanciullo che è in noi, stupendoci ed emozionandoci per l’intero racconto.
George Lucas alla produzione e al soggetto, Lawrence Kasdan alla sceneggiatura, Steven Spielberg alla regia, John Williams alle musiche (“un trust di cervelloni” li definiva Tullio Kezich) superano se stessi in questo I predatori dell’arca perduta, “probabilmente il più famoso blockbuster della cinematografia moderna”, capofila di una delle più longeve e fortunate serie cinematografiche, insuperabile per spettacolarità arguzia ironia e gusto del paradosso.
Ritmo incalzante e narrazione oltremodo avvincente, sintesi perfetta di realtà-fantasia e amalgama stupefacente di religione-favola, caratterizzano un film – inverosimile ma al contempo credibile- che “presentato in Sala Grande a Venezia nel 1981, eccitando i cinefili onnivori e scandalizzando i puristi, tocca una delle vette del cinema d’avventura, tra perfette scene d’azione e dialoghi curati in cui si sente la nostalgia verso le vecchie buone sceneggiature di decenni prima” (Gabriele Capolino). Alla sua uscita il film non entusiasmò molto la critica italiana, salvo poi ricredersi: ieri Il Corriere della Sera scriveva “Se «Boh» è il titolo di un’opera di Moravia, «boh» potrà essere, speriamo senza scandalo, anche il nostro commento al successo fragoroso che questo film sta ottenendo negli Stati Uniti, e all’entusiasmo che all’ultima mostra di Venezia ha suscitato fra critici giovani. Ci riesce infatti difficile capire come possa procurare un tale godimento da meritarsi code ai botteghini”, oggi la stessa testata afferma “C’è di tutto in questo meraviglioso giocattolone adatto ai bambini di tutte le età; c’è la materia per un serial TV in 12 puntate, condensata in meno di 2 ore con vertiginosa felicità… E’ pure un vivace esempio di metacinema (riflessione sul cinema, demistificazione dei generi e loro riabilitazione), messo in immagini con competenza professionale, sapienza tecnologica, allegra sfacciataggine”.
Il film fece di Harrison Ford un superdivo e dopo Guerre stellari gli aprirà la strada alla collaborazione con celebrati registi (Ridley Scott, Peter Weir, Roman Polanski, Alan J. Pakula, Sydney Pollack, Mike Nichols, Wolfang Petersen, Kathryn Bigelow, Robert Zemeckis…).
p.s.
Indiana Jones doveva essere interpretato da Tom Selleck, il quale rifiutò la parte in quanto impegnato nella serial-tv Magnum P.I. Harrison Ford è stato recentemente inserito dalla rivista Empire nella top 100 delle star più sexy del cinema. Nel 1998 la rivista People lo ha decretato uomo più sexy tra quelli ancora in vita.
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premi e riconoscimenti
1984: Indiana Jones and the Temple of Doom di Steven Spielberg
E’ il prequel del primo episodio della saga.
Giusto quanto scrive Giovanni Grazzini: “Si possono nel contempo venerare Bach e i Beatles, Mozart e i Rolling Stones, non si vede perché si debba negare anche a professori, banchieri e magi, strati il diritto di dare ascolto all’eterno fanciullo che – ce lo disse il poeta – è in tutti noi, sempre disposto alla meraviglia, al brivido e alla lacrima. Lucas & Spielberg non chiedono a nessuno di entrare nello stesso capitolo della storia del cinema che già ospita Rossellini, Antonioni o Bergman. Pretendono di piacere ai bambini, e agli adulti che non si vergognano di tornare per due ore bambini, con le loro storie impossibili, iperboliche e paradossali, che i ragazzi bevono con gli occhi stringendosi alla mamma, e nelle quali i vecchietti leggono la parodia di mille racconti d’orrore e d’avventura”.
Nel secondo episodio della serie (che narra fatti accaduti precedentemente al primo) ritroviamo l’immaginazione, l’effusione di effetti speciali, il ritmo mozzafiato, le immagini fantasiose, i continui colpi di scena, le peripezie più disparate e simpaticamente inverosimili de I predatori de l’arca perduta. Vi è forse qualche sadismo in più e un tono maggiormente cupo, più accesa inoltre è la volontà di sbalordire (lo sceneggiatore è cambiato).
Forse meno compatto e spiritoso del primo, forse più grossolano e fumettistico, Indiana Jones e il tempio maledetto consente comunque due ore di puro divertimento. L’ironia non manca, le trovate sono sempre massimamente spettacolari, le ambientazioni esotiche sempre belle, le avventure sempre maggiormente incredibili e sempre più sopra le righe: ineliminabile però l’impressione che il film brilli di luce riflessa dal primo…
Bello l’omaggio al musical degli anni 30 e ottima l’idea di fare di un bambino il coprotagonista.
Sostanzialmente d’accordo con quanto scrive nel suo blog Cinedrome: “Considerato da molti l’anello debole della saga di Indiana Jones per il suo essere palesemente “fracassone” e spiccatamente kitsch in alcune scelte di regia e sceneggiatura, è una sorta di omaggio infantile e sincero al cinema (ma soprattutto al fumetto) americano d’avventura anni ’30, con le sue sfumature simpaticamente truculente e vagamente horror adatte a bambini di tutte le età”.
p.s.
Indiana Jones e il tempio maledetto è l’unico film della tetralogia in cui la voce italiana di Harrison Ford non è di Michele Gammino ma di Luigi La Monica. E’ anche l’unico che non presenta Indiana Jones come professore universitario.
Da Wikipedia: “Il successo dei suoi film portò il Guinness Book of Records 2001 a citare Ford come l’attore più ricco del mondo… e gli incassi complessivi al botteghino dei film di Harrison Ford ammontano sinora a 13,8 miliardi di dollari, il risultato più alto di ogni altro attore nella storia del cinema”.
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premi e riconoscimenti
1989: Indiana Jones and the Last Crusade di Steven Spielberg
Critiche controverse per il terzo episodio della serie: IlMorandini, “il film è piuttosto tetro, truculento e pesante nella sua inclinazione al misticismo, ma c’è l’accoppiata Connery-Ford: i loro duetti danno l’acqua della vita, e dello spasso”; La Stampa, “il film è molto dinamico, ricco di allusioni cinematografiche e di riferimenti storici, tecnicamente perfetto nell’uso sapiente dei trucchi”.
Tendo ad essere d’accordo con il secondo giudizio, concordando pienamente altresì sulla felicità dell’accoppiata Connery-Ford… quanto di meglio il grande schermo ci abbia offerto negli ultimi tempi: quando i due sono insieme in scena, il resto passa in secondo ordine. La peculiarietà de Indiana Jones e l’ultima crociata è nella loro compresenza che rende questo episodio diverso da tutti gli altri e ne fa un gioiello di freschezza umorismo arguzia ironia intelligenza…
Qualitativamente, questo e il primo sono i migliori “Indiana Jones” dell’intera tetralogia: la spettacolarità non è a discapito della narrazione, lo script non è schiavo degli effetti speciali, il gusto per la ricerca è mostrato al suo meglio.
Le ambientazioni sono particolarmente belle e suggestive, i diversi personaggi più approfonditi del solito, il ritmo è straordinario, il racconto è emozionante. Esempio perfetto di mix tra fantascienza e storia, fantasy e archeologia, mitologia e fiaba, azione e mistero, Indiana Jones e l’ultima crociata si può ritenere probabilmente il film d’avventura per antonomasia.
Il film va visto anche perché ci spiega come Indy sia cresciuto e sia potuto diventare quale noi lo conosciamo.
Concordo pienamente con quanto hanno scritto Massimo Bertarelli e Bilbo Baggins. Bertarelli: “Esemplare esempio di cinema per il cinema, senza nessun altro sottinteso al di fuori del divertimento di chi guarda. E’ una girandola continua di strabilianti trovate e di avventure a rotta di collo: treni o cammelli, carri armati o motoscafi, ogni mezzo è buono per sfuggire ai cattivi e lasciar sfogare la fantasia. Grande Spielberg, come (quasi) sempre. E quando il troppo è troppo una secchiata d’ironia rimette le cose a posto. Se Harrison Ford è bravo, il perfettamente conservato Sean Connery un fenomeno”. Baggins: “Indiana Jones e l’ultima crociata ha solo un piccolo difetto: non essere il primo della serie, e non poter quindi fregiarsi di capostipite della saga, significando per la Storia del Cinema quello che nella realtà ha rappresentato il film del 1981. Per il resto, supera di gran lunga gli altri episodi. Come ricchezza narrativa, senso del ritmo, scrittura cinematografica e alchimia degli attori, senza dimenticare una realizzazione tecnica intelligente che fa uso dell’effetto digitale solo quando strettamente necessario ai fini della storia, la pellicola rimane il vertice assoluto raggiunto dall’avventura cinematografica”.
p.s.
Spielberg e Lucas più volte hanno dichiarato che senza James Bond, Indy non sarebbe probabilmente mai esistito.
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premi e riconoscimenti
2008: Indiana Jones and the Kingdom of Crystal Skull di Steven Spielberg
Grande attesa (20 anni!). Grande delusione per i fan di Indiana Jones.
Indiana Jones e il Regno del teschio di cristallo piacerà a qualche ragazzo non ancora stanco dei tanti blockbuster, dei film “fracassoni” che vedono trionfare la tecnologia ma latitare le idee, ma chi ha un minimo di pretese e soprattutto chi si è (giustamente) entusiasmato con gli episodi precedenti della serie non potrà che rammaricarsi e inveire contro Lucas e Spielberg che hanno tradito i loro ammiratori e il loro eroe.
Una icona, un mito per milioni di spettatori di tutto il mondo ridotto quasi a far da comparsa tra mille e ripetuti effettoni (spesso fini a se stessi e riempitivi) senza il sogno la fantasia la favola che avevano caratterizzato in passato il personaggio: latita lo spirito avventuriero, domina la tecnica digitale.
Poca ironia, minima suspense, sequenze lunghissime e stancanti di inseguimenti e duelli, personaggi privi di spessore e di credibilità. Si aggiunga che il racconto vero e proprio inizia dopo una ventina di minuti completamente inutili (se non per mostrare la potenza della Industrial Light and Magic, l’industria degli effetti speciali creata da George Lucas), che il personaggio di Cate Blanchett è particolarmente fastidioso col suo essere al contempo eccessivamente ridicolo e pesante, che qualche sequenza di puro stile horror ci poteva essere risparmiata, che riprendere il tema dei Russi cattivi e sanguinari non è il massimo dell’originalità.
Harrison Ford avrebbe dovuto giocare di più sulla sua età… Dopo pochi minuti che il film è iniziato “si esibisce in trovate mirabolanti e improbabili, decisamente sopra le righe anche per il suo personaggio”, senza alcuna autoironia, coadiuvato da un Shia LaBeouf, giovane exstudente che inspiegabilmente sembra allievo di Tarzan o di Rambo.
Ha scritto giustamente Rudy Gonzo: “…salviamo la nostra fantasia da chi ci ha aiutato a svilupparla, salviamo i personaggi dai loro autori ormai non più all’altezza, salviamo il cinema dai videogiochi, salviamo il bambino che c’è in noi dalla playstationizzazione dell’immaginario”.
p.s.
Il film ha riscosso un notevole successo al Festival di Cannes, tuttavia ha vinto un Razzie Award come peggior sequel.
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premi e riconoscimenti
nota: vedi i generi cinematografici
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